Mi mancava l’aria, i grattacieli mi impedivano di vedere il
cielo e di respirare. Improvvisamente mi sentii oppresso. Di quella oppressione
che ti imprigiona il corpo e la mente.
E pensai all’Italia e agli italiani. Prigionieri di edifici
più alti e grossi di loro che impediscono le libertà essenziali: muoversi e
pensare.
Serviva, mi dissi, una nuova versione di Italia. Una
versione aggiornata.
Nacque nella mia mente e nel mio cuore: #Italia2.0.
#Italia2.0 deve essere per tutti, nessuno escluso.
Nessuno deve rimanere indietro, nelle retrovia di una
società che percorre la via del progresso a due/tre velocità: per i ricchi, per
la media borghesia e per quelli che molti chiamano “ultimi”, ma che ultimi non
sono.
Deve parlare con i fatti e non con gli slogan. Gli slogan
vanno comunicati dopo aver costruito qualcosa. Non prima.
Per costruire si deve iniziare dal progetto, e come tutti i
progetti si deve iniziare dal “brain storming” (scusate l’inglese) dove tutti,
senza limitazioni, propongono quello che ritengono essenziale, giusto,
indispensabile per far progredire la nostra nazione.
Iniziamo a proporre, poi discutiamo (magari anche duramente)
le proposte, analizziamo i punti di forza o di debolezza del sistema, cerchiamo
le opportunità che ci saranno e le inevitabili minacce.
Un’analisi Swot nata dal popolo e per il popolo come unico e
legittimo sovrano dei propri destini.
Un’azione politica per tutti i credi religiosi, per tutte le
razze, per tutti i ceti economici, per tutti coloro che sono italiani e che si
sentono italiani. Perché essere italiano significa non solo essere nato entro i
confini,ma significa soprattutto un modo di essere, un modo di vivere, un
comportamento.
Proviamoci, lo dobbiamo alle generazioni future ed alle generazioni
passate.
Riccardo Cacelli
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