domenica 29 marzo 2015

#Italia2.0, il Big Ben


Londra - #Italia2.0 è un’idea che mi venne in mente passeggiando nelle strette vie della City.
Mi mancava l’aria, i grattacieli mi impedivano di vedere il cielo e di respirare. Improvvisamente mi sentii oppresso. Di quella oppressione che ti imprigiona il corpo e la mente.
E pensai all’Italia e agli italiani. Prigionieri di edifici più alti e grossi di loro che impediscono le libertà essenziali: muoversi e pensare.
Serviva, mi dissi, una nuova versione di Italia. Una versione aggiornata.
Nacque nella mia mente e nel mio cuore: #Italia2.0.

#Italia2.0 deve essere per tutti, nessuno escluso.
Nessuno deve rimanere indietro, nelle retrovia di una società che percorre la via del progresso a due/tre velocità: per i ricchi, per la media borghesia e per quelli che molti chiamano “ultimi”, ma che ultimi non sono.

Deve parlare con i fatti e non con gli slogan. Gli slogan vanno comunicati dopo aver costruito qualcosa. Non prima.

Per costruire si deve iniziare dal progetto, e come tutti i progetti si deve iniziare dal “brain storming” (scusate l’inglese) dove tutti, senza limitazioni, propongono quello che ritengono essenziale, giusto, indispensabile per far progredire la nostra nazione.

Iniziamo a proporre, poi discutiamo (magari anche duramente) le proposte, analizziamo i punti di forza o di debolezza del sistema, cerchiamo le opportunità che ci saranno e le inevitabili minacce.

Un’analisi Swot nata dal popolo e per il popolo come unico e legittimo sovrano dei propri destini.

Un’azione politica per tutti i credi religiosi, per tutte le razze, per tutti i ceti economici, per tutti coloro che sono italiani e che si sentono italiani. Perché essere italiano significa non solo essere nato entro i confini,ma significa soprattutto un modo di essere, un modo di vivere, un comportamento.

Proviamoci, lo dobbiamo alle generazioni future ed alle generazioni passate.

Riccardo Cacelli